© foto: archivio della Provincia di Imperia
Dolceacqua è una delle capitali dell’entroterra della Liguria occidentale.
Si arriva a Dolceacqua dalle strade costiere, salendo da Nervia di Ventimiglia. Una manciata di chilometri.
Questo abitato è stato la capitale di un piccolo stato regionale, legato alla famiglia Doria, di origine genovese, dal 1270 fino alla caduta della Repubblica di Genova ed all’arrivo delle truppe rivoluzionarie francesi a ridosso del XIX secolo.
Il castello alla sommità dell’insediamento è dominante.
Nato con i Ventimiglia, è stato continuamente ampliato e rimodernato dai Doria, fino ad una parziale rovina nel 1745, durante la guerra di successione austriaca. Dolceacqua non si può pensare se non in visione di insieme: castello, borgo arroccato difeso, detto “Terra”, poi il ponte sul Nervia, lanciato per 33 metri.
E Claude Monet, nel 1884, ha consegnato all’immortalità questo panorama con i suoi dipinti. Pure piacevole è osservare lo scorrere dell’acqua nello slargo sotto tra la Terra e il Borgo, fiancheggiando la chiesa parrocchiale di Sant’Antonio Abate.
Quest’ultima spicca per il suo campanile, una torre della cinta muraria medievale trasformata con abilità architettonica.
L’interno per l’edificio sacro spicca per le decorazioni tardobarocche e per il grande numero di opere d’arte di autori piemontesi e liguri. Vi è conservato anche il polittico di Santa Devota, di Ludovico Brea (1515), voluta da Francesca Grimaldi, dei signori di Monaco, vedova di Luca Doria. Uno dei grandi matrimoni di rilievo dei feudatari monegaschi, dunque.
Le più rilevanti tombe dei Doria sono fuori abitato, nella chiesa di San Giorgio. Si parla di Stefano (1580) e Giulio Doria (1608), scolpiti in armatura sulla lastra tombale. Il titolo di San Giorgio riporta al VI-VII secolo d.C., quando la Liguria era sotto il controllo bizantino.
Ogni passo racconta una storia. Sarà così bello incamminarsi sui sentieri di un tempo.
Si scopriranno le vigne del Rossese, prima denominazione d’origine controllata della Liguria (1972). Di qui un vino prelibato, prodotto in poche migliaia di preziose bottiglie. E il bel profumo che arriva dalle cantine fra le strade.
Si potranno avere squarci panoramici potenti, ad esempio andando verso la cappella di San Bernardo, in parte abbellita da dipinti murali quattrocenteschi.
Le tradizioni sono sempre vive: il 16 agosto si ricorda un tipico dolce locale, la “michetta”. La forma ricorda l’organo sessuale femminile (il termine “michetta” non ha segreti per un ligure). In effetti si ricorda la ribellione della Comunità contro un Doria signore locale, che aveva il diritto di giacere con la sposa nella prima notte di nozze. Un diritto che in realtà era forse solo la pretesa di un pagamento in denaro da parte del nobile. Quanto basta però per un ricordo particolare dell’autonomia di Dolceacqua.
La domenica vicina alla festa di San Sebastiano, a gennaio, si porta in processione un albero di alloro carico di ostie colorate. Altra festa densa di contenuti precristiani, mai abbandonati.
E così anche Dolceacqua si è meritata la Bandiera Arancione del TCI. Da Dolceacqua si sale in piena val Nervia verso Isolabona e Pigna.