© foto: archivio della Provincia di Imperia
Apricale ovvero la tenacia, la forza di rimanere aggrappato ad uno sperone collinare, alla ricerca della migliore esposizione.Il nome del posto svela questa condizione. Apricale deriva dal latino apricus, “ben esposto al sole”.
Apricale è vitalità, per 600 abitanti, per i tanti che la visitano e la frequentano, per la relativa altitudine di 300 m e per il pronto collegamento con la costa, a soli 13 km.
Il territorio di Apricale è ricco di suggestione: ritrovamenti archeologici rimandano alle sepolture dei Liguri, alla colonizzazione romana, affascinata da questa porzione interna, difficile e però feconda della valle Nervia. Una popolazione diffusa, prima del mille, con insediamenti segnalati da cappelle remote. Si raggiungono con belle passeggiate, a piedi e in bicicletta. E poi, intorno al 1000, l’incredibile arroccamento sotto, intorno, dentro il castello, voluto dai Ventimiglia. Dal 1276 subentrano i Doria, signori della vicina Dolceacqua. Pochi anni prima (1267) gli abitanti approvano uno fra gli Statuti più antichi della Liguria, di cui si conserva ancora copia. Saranno i Doria a spingere lo sviluppo dell’abitato, che ha fondamenta medievali e che cresce nei secoli, con sovrapposizioni barocche.
Apricale è un borgo senza tempo, si racconta nel dedalo di strade che fanno gomitolo attorno ad una piazza sommitale, su cui si affacciano casa comunale, chiesa parrocchiale e castello. La piazza è un luogo di ritrovo, tempio di riti arcaici, dal fuoco dei giorni del Natale alla pallapugno d’estate, quando la palla viene rimandata a forza di braccia da un punto all’altro degli stretti passaggi, addirittura giocando su due livelli sovrapposti. Gioco affascinante, che ha colpito artisti e viaggiatori. E rapisce anche turisti ignari e divertiti.
Apricale, da vivere con il naso all’insù.
Dalla piazza si guarda verso l’oratorio di San Bartolomeo e verso la chiesa parrocchiale della Purificazione di Maria Vergine. Quest’ultima è di per sé un prodigio di equilibrio. La facciata neomedievale di primo Novecento nasconde una realtà più antica. Una storia di pietra che nasce nel tardo Medioevo, cresce, si modifica, rinasce a metà Settecento, innalzata su diversi livelli di abitazioni e stalle sottostanti. Il massimo sfruttamento dello spazio possibile, una visione tipicamente ligure del paesaggio urbano.
Una simbiosi tra case e chiesa, una tra chiesa e castello, perché il campanile nasce come torre militare.
Una bicicletta risale incredibilmente la ripida cuspide del campanile. Collocata nel 2000 da Sergio Bianco è un’opera d’arte chiamata La forza della non gravità. Come dire che si deve sempre tendere in alto.
E se il campanile è torre, a fianco c’è il castello. Un blocco unico di pietra, imprendibile, rafforzato dai Doria, divenuto proprietà privata, detto “della Lucertola”, bruciato dal sole, reso sede coinvolgente per mostre d’arte e silente custode di secolari beni culturali del territorio: vedrete le monete di età romana, i reperti archeologici e gli Statuti, rileggerete in modo sorprendente la storia di personaggi famosi di Apricale, scenderete nella cisterna ben isolata dal mondo circostante.
Oltre il centro dell’abitato, si rincorrono scale, passaggi, portali.
Ogni tanto si aprono scorci aperti sulla campagna circostante, perlopiù bosco di olivi secolari, da cui l’olio extravergine della cultivar locale, la pregiata Taggiasca.
Un tempo c’era anche la canapa, messa a macerare nel vicino torrente. Un punto in cui finiva tutto lo scarto delle produzioni dei frantoi. Per questo il torrente è il Merdanzo. Nome non bello, ma efficace. Beffardo, di fronte a tanta bellezza monumentale ed artistica, come gli spettacoli che il teatro della Tosse organizza a metà agosto fra le vie anguste del paese.
La vista si aprirà ulteriormente nella chiesa di Santa Maria in Alba o Madonna degli Angeli: una piazza erbosa su cui si affaccia l’edificio sacro con la grande inferriata in facciata: oltre, si ammirano cicli dipinti murali che vanno dal XV al XVIII secolo. Ogni generazione locale ha dato il suo contributo.
Tutto questo e molto di più, anche a livello gastronomico, è Apricale. Per questo è inserito nel gruppo dei Borghi più Belli d’Italia, si può fregiare della Bandiera Arancione concessa dal Touring Club Italiano (TCI) ed è il primo comune d’Italia ad avere ottenuto le massime certificazioni internazionali per il sistema di gestione integrato qualità, Ambiente e Sicurezza. Apricale è rapidamente collegato a Isolabona, a monte di Dolceacqua.